La denuncia di Bagnasco

di Sergio Belardinelli
SIR (Serivio Informazione Religiosa)

famigliaC’è un nesso assai stretto tra l’individualismo oggi dominante, il quale considera l’uomo come un essere biologico-culturale, la cui natura non è altro che la sua libertà, un artificio che, grazie alle biotecnologie, può espandersi oltre confini ritenuti fino a ieri invalicabili, e la diffusa tendenza alla cosiddetta deregulation della famiglia

La famiglia deve essere difesa “da qualunque umiliazione culturale e da qualunque indebolimento strutturale e giuridico”. Così ha detto ieri il cardinale Angelo Bagnasco a margine della Messa celebrata presso lo stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente. Parole pesanti, parole che dovrebbero far riflettere tutti coloro che hanno a cuore, non soltanto la famiglia, ma il bene stesso dell’uomo e della società.

Se ci pensiamo bene, le grandi sfide del nostro tempo – dalla bioetica alla biopolitica, dal problema demografico a quello dell’immigrazione, dalla crisi delle tradizionali istituzioni educative al disagio delle giovani generazioni e alla drammatica crisi economica che stiamo attraversando – tutte sembrano convergere verso la famiglia. Ciononostante una certa cultura oggi dominante fatica non poco a riconoscere questa centralità; sembra addirittura volerla rimuovere – ecco l’“umiliazione” di cui parla il cardinale -, riducendo la famiglia a un fatto eminentemente “privato”, una semplice variabile di gusti e inclinazioni individuali, destinata, in quanto tale, ad assumere diverse forme, tutte ugualmente meritevoli, non soltanto di rispetto, ma anche di riconoscimento giuridico.

La drammatica crisi economica che stiamo attraversando costringe invero anche i più accaniti detrattori a riconoscere nella famiglia uno dei principali “ammortizzatori sociali”, ma ciò che sembra essere entrata definitivamente in crisi è la dimensione costitutiva della famiglia per la formazione della persona umana. Invece fa una grande differenza pensare la famiglia come una semplice forma della vita individuale, privata, dove si gioca semplicemente il lato affettivo dell’uomo, affidata esclusivamente alle nostre scelte e, in quanto tale, plurale nelle sue articolazioni (coppie eterosessuali, omosessuali, sancite da patti più o meno pubblici e via di seguito), e pensarla invece come una forma sociale primaria, la quale è ciò che è, ossia una relazione eterosessuale generativa di vita umana e sociale, distinta, per natura prima ancora che per scelta, da una qualsiasi coppia di fatto.

Questo problema inerente la concezione che abbiamo della famiglia è fondamentale, poiché, lo ripeto, mette in gioco l’idea stessa che abbiamo della natura umana.

C’è un nesso assai stretto tra l’individualismo oggi dominante, il quale considera l’uomo come un essere biologico-culturale, la cui natura non è altro che la sua libertà, un artificio che, grazie alle biotecnologie, può espandersi oltre confini ritenuti fino a ieri invalicabili, e la diffusa tendenza alla cosiddetta deregulation della famiglia, della quale l’Unione europea sembra essersi fatta sponsor ufficiale, confondendo la famiglia con forme di vita parentali, amicali, affettive, indifferenti al sesso e alla generazione, che evidentemente famiglia non sono.
Entrambe le prospettive s’incontrano nell’idea che la famiglia dipende da una decisione, dall’arbitrio individuale, e non invece da una costituzione ontologica relazionale dell’essere umano, che trova proprio nella famiglia la sua prima e fondamentale espressione.

Come ci ricorda il cardinale Bagnasco, “la famiglia deve essere vista soprattutto e innanzitutto come luogo dove le persone rigenerano se stesse nella fiducia e nell’autostima, per poter affrontare i problemi perché se una persona non ha stima di se stessa, se non sente l’amore e la fiducia degli altri, può avere tutte le risorse materiali che vuole ma non riesce facilmente a risolvere i problemi”.

Considerare la famiglia “una comunità naturale fondata sul matrimonio”, che si presenta come il luogo dell’“umano” per eccellenza e come il luogo dove vengono prodotti “capitali sociali” d’inestimabile valore per la nostra società, viene purtroppo percepito come un pericoloso pregiudizio ideologico-religioso. Ma in questo modo si “umilia” la famiglia, l’uomo e la sua libertà.